martedì 8 dicembre 2015

Viridiana di Luis Buñuel. 1961

Nel 1961, in una Spagna ancora povera e teatro di molte superstizioni religiose esce Viridiana. la nazione è egemonizzata da un cattolicesimo pigro, autoritario, non del tutto autonomo da una dittatura borghese sempre più aggressiva e decisa a dettare condizioni e regole di vita, è proibita qualsiasi libera manifestazione di idee politiche innovative o pensieri legati ad un mondo più astratto, artistico, e l'isolamento della Spagna dall'Europa più democratica e civile è pressoché totale. Bunuel decide di promuovere quindi uno scandalo, Palma d’Oro a Cannes, tacciato di blasfemia dal regime e dal Vaticano, inizialmente inviso ai rifugiati per via della scelta dell’ambientazione, il film diventa uno strumento di contestazione a suo modo utile alla causa. Feticismo, necrofilia, perversioni sessuali, distruzione dei simboli religiosi: tutto sembra concorrere alla condanna morale di uno dei più convincenti lavori del cineasta spagnolo. Eppure, letto nell’ottica di un simbolismo spinto, Viridiana è un’analisi limpida, onesta e profondamente nichilista di una società ipocrita che ha perduto di vista la sostanza primigenia degli assunti su cui si puntella, come la Fede, per l’appunto. Nota ed emblematica, a questo proposito, è la scena del pasto dei mendicanti, composta come L’ultima cena di Leonardo: in un controsenso palese, è il cieco a guidare il gruppo, è il cieco a sedere al centro della composizione, nel posto che nell’affresco è occupato da Gesù. Il cieco è avvolto dalle tenebre, eppure pretende di segnare il passo dei suoi compagni. Il copione originale prevedeva nell'ultima scena un'orgia finale a tre, ma poi fu sostituita da una simbolica partita a carte che lascia immaginare facilmente i risvolti sessuali della vicenda. Infatti quel "dalla prima volta che ti ho visto ho saputo che prima o poi avresti giocato a carte con me", detto dal cugino, é estremamente eloquente e non lascia adito ad altre interpretazioni

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