domenica 28 agosto 2016

MARIE ANTOINETTE di Sofia Coppola. 2006

Di questa pellicola ho amato fianco i titoli di testa: un contrasto tra il fondo nero e il rosa shocking dei titoli, che non sono accompagnati da una melodia austera che sarebbe peculiare in un film ambientato nella Francia del Settecento, bensì dal ritmo rock-punk che accompagna tutto il corso della pellicola.A Sofia Coppola basta un solo elemento per accostare Maria Antonietta alle teenager del ventunesimo secolo: una scarpa Converse è posta ‘casualmente’ accanto alle innumerevoli paia di scarpette della regina in una delle sequenze più memorabili del film sulle note di “I Want Candy”. La pellicola serve a far interrogare il pubblico circa la stupidita' dei francesi, incastrati in protocolli impossibili che fanno dell'inutile una prioritaria e asfissiante scelta di vita (riflessione che, in effetti, sorge durante la visione), o piu' semplicemente stregare con colori e suggestioni fashion una platea esclusivamente femminile, assetata di abiti, scarpe e art dèco? O entrambe le cose? il messaggio a me è arrivato chiaro.bellissima la storia con il conte, perchè contrariamente a quanto spesso si pensa, la loro non fu una semplice relazione clandestina fatta di attimi rubati, ma una vera e propria storia d’amore basata su un rapporto intimo e profondo, che li accompagnò per tutta la vita. Non ci sono prove certe che fossero amanti a tutti gli effetti, certo era invece che entrambi attribuissero a questo romantico rapporto un’importanza speciale, che gli permise di non dividersi mai veramente, nonostante la distanza che molto spesso li separava. Nel 1784 Maria Antonietta si ritrovò nuovamente incinta, e questa volta era teoricamente possibile supporre che il bambino potesse essere del conte Fersen, dato che per la prima volta le date coincidevano. E’ tuttavia poco probabile credere in una simile eventualità, tanto più che il Re non ebbe mai a mettere in dubbio la paternità del bambino, segno che le sue sporadiche visite notturne alla moglie continuavano.

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