domenica 21 agosto 2016

Viviane di Romit e Shlomi Elkabetz. 2014

Viviane vuole il divorzio: da mesi ha lasciato il tetto coniugale ed è andata a vivere da un fratello sposato; fa la parrucchiera, non vuole soldi, desidera solo divorziare da dieci anni, da cinque si è decisa a chiederlo. Ma vive in Israele, nazione democratica dove però matrimonio e divorzio sono solo religiosi (anche in Italia sino al 1970, esisteva solo l'annullamento ecclesiastico, difficilissimo da ottenere).
Solo l'uomo può ottenere o concedere un divorzio, facendole cadere nella mani il Gett, il foglio con il suo consenso, pronunciando la frase "da adesso sei permessa a qualunque uomo", come un oggetto senza valore che può passare da un padrone all'altro. Bellissima la scena in cui Viviane, con dei meravigliosi capelli neri, che la religione considera un'arma di seduzione scandalosa, raccolti sulla nuca, in un momento di stanchezza e sfiducia li scioglie e accarezza le ciocche, un gesto sfrontato davanti ai rabbini che la richiamano immediatamente. I rabbini la chiamano donna, mai per nome, vogliono sapere se è stata pura durante la separazione, accusano il suo avvocato di amarla: un testimone dice "questa donna non è retta, l'ho vista in un caffè con un uomo che non era un parente".Un viaggio nella cultura dell’ebraismo mediterraneo, quello sefardita e quello dei mizrahi, degli ebrei impiantati nei paesi arabi – dal Marocco fino all’Iraq – da quasi duemila anni, fino alla fuga ed emigrazione di massa verso lo stato di Israele, o nei paesi europei, negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. Prezioso. da vedere.

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