“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
mercoledì 5 ottobre 2016
Manderlay di Lars von Trier. 2005
Alabama 1933. 8 capitoli. 7 tipi psicologici. 139 minuti.Manderlay, una piccola piantagione di cotone in Alabama. Inizia qui la seconda parte della trilogia sull'America vista da Lars von Trier.
Anche qui come in Dogville, la critica all'America è efferata. Si capisce come l’abolizione della schiavitù sia stata formale, ma nei pregiudizi e nei diritti sociali le persone di colore sono rimaste schiave a lungo.
Manderlay parla anche e soprattutto dell’esportazione/imposizione della democrazia, che qui avviene con la forza, come stava (o sta?) accadendo in Iraq. Von Trier, che nelle interviste si è riferito esplicitamente all’Iraq, mette in scena la presunzione tutta occidentale che i propri modelli e le proprie leggi siano adatti/adattabili a culture ed esigenze diverse dalle nostre. Anche qui, come in Dogville, il discorso può farsi universale. Quello di Grace, e dell’America, in fondo è il vizio tipico di ogni umano: credere di sapere cos’è meglio per gli altri, senza cercare di ascoltarli.
siamo condotti per mano in un percorso filosofico di maturazione del personaggio verso la comprensione, che passa anche attraverso la catarsi del rapporto sessuale.
Perchè eliminare le scenografie? Per mostrare che il cinema è finto? Sarebbe meglio dire che lo si fa per risparmiare (visto che ora è produttore dei suoi film).
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grazie per tutti!!!
RispondiEliminabacci
mi piace molto la publicazione!!!
:)