giovedì 18 aprile 2019

Capharnaüm di Nadine Labaki. 2019

Premio speciale della Giuria al 71° Festival di Cannes. Cafarnao. Nella tradizione cristiana Caphernaum è il villaggio della Galilea dove Cristo ha compiuto i suoi miracoli. Zaim ha 12 anni e di miracoli non sa compierne. Sa solo sopravvvere, fin quando non si ribella ai suoi genitori scappando di casa, dopo che questi hanno costretto la sorella a sposarsi pur essendo ancora una bambina. Macchina a spalla e finto approccio documentaristico su Beirut, spesso vista dall'alto, dalla ruota di un luna-park. Il film inizia con il piccolo Zain che denuncia i suoi genitori per "averlo messo al mondo", costringendolo ad un'esistenza di stenti e dolore.
Zain sa tutto della vita, anche che quel sangue che ha perso per la prima volta la sorella significa l'inizio della fine, significa che da da quel momento in poi lei può finire in sposa secondo le inumane leggi del suo Paese, che rendono possibile sposare una bimba di 11 anni. In una scena terribile e bellissima -la migliore di una lunga serie- proverà in tutti i modi a farla andare via per salvarla a quel destino. Lotta come un leone insieme a lei, lei che grida "non farmi andare!" La sua storia incontra quella di Rahil, una ragazza etiope che lavora in un ristorante e nasconde il suo bambino piccolissimo per non essere espulsa. Quando verrà messa in carcere, sarà Zain a prendersi cura del suo piccolo Yonas,in una casa di lamiera, mangiando del ghiaccio e zucchero, l'unico cibo ormai rimasto. I detrattori non hanno risparmiato la regista dalle critiche- che nel film si ritaglia il ruolo dell'avvocatessa che assiste il protagonista- accusandola di avere spettacolarizzato la miseria delle famiglie spesso provenienti dalla vicina Siria, ma il coinvolgimento emotivo non è forse necessario perchè il messaggio di denuncia venga recepito? L'impegno della regista è più etico che emotivo. Zain (Zain al-Rafeea) è davvero un profugo siriano che all’età di 12 anni si è rifugiato in Libano, a Beirut. E appena l’anno scorso è riuscito a trasferirsi stabilmente con la sua famiglia in Norvegia, dove ora gode del diritto d’asilo e frequenta la prima scuola della sua vita. Nella chiosa Zain, finalmente, sorriderà. Per la foto della carta d'identità, della libertà, del sentirsi finalmente "esistente", del sentirsi finalmente vivo. Una vera bomba emotiva.

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