giovedì 23 maggio 2019

Dolor y Gloria di Pedro Almodovar. 2019

“Si scrive per dimenticare il contenuto di ciò che si è scritto”.
Motiva così Almodovar questa pellicola, che è la sublimazione di una crisi personale e creativa, la mancanza di desiderio e spinta vitale, in riferimento a quel vecchio cinema irriverente e libertino che l’autore non realizza più da tempo. Ma non si dimentica mai come dirigere, si perde solo la voglia, lo stimolo o la forza di farlo. E in questa condizione il protagonista (regista e scrittore) scrive una sceneggiatura per un monologo teatrale (tratto da un fatto della sua vita) e, come spesso accade, la scrittura porta a ricordare e a confrontarsi con il passato. Antonio Banderas è il suo alter-ego: con i capelli sparati in aria -come li porta Almodovar, che vive come lui, in preda ai dolori e ai colori accesi. La scoperta dell'omosessualità, l'eroina aspirata e poi ovviamente il sogno umido, quello fatto di umori - le tante scene in acqua- di chi è innamorato del cinema: la coincidenza di vita e arte. Sono i suoi soliti intrecci incredibili, coincidenze pazzesche e implausibili. Quell'eccesso che - nonostante lui ormai "si senta vecchio" o giochi con la paura e la nuova ossessione (che ha preso il posto del sesso) del decadimento fisico, non perde, si fa più elegante, ma permane, Il resto è nelle mani di Banderas, attore ormai fatto e compiuto, Almodovar lo ha plasmato e questo è di sicuro suo miglior ruolo di sempre, clamoroso. Quiete e passione sono possibili -non solo nella penna di uno scrittore- e quello che emoziona è proprio che questo film oltre a metterlo in scena, ce lo comunica come speranza. Vi rimarrà tutto impresso, come quell' acquarello su un pezzo di carta. Che ricongiunge e rinfranca. Lacrime a mille. Tu ami il cinema, ma noi amiamo te, Almodovar!

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