Venezia. Qui ha riunito un gruppo di militanti per una sorta di "mission impossible": far evadere dal carcere di Rovigo quattro detenute, tra le quali Susanna Ronconi, la donna che Sergio ama immensamente. La giornata dell'evasione è descritta nei minimi particolari, tutto si focalizza su quelle 24 ore, intervallate da altri flash temporali in cui Sergio "rivede" i momenti più importanti della sua vita: il primo incontro con Susanna, la condivisione con lei oltre che di un amore, di idee, ideologie politiche e soprattutto di tanti sbagli, il rapporto coi genitori, il loro silenzio doloroso di chi difende un figlio nella consapevolezza che ciò che fa non è poi così "pulito", lo scontro con Piero, l'amico di sempre, con cui ha condiviso i suoi sogni giovanili, ma che, a differenza di Sergio, ha rifiutato la lotta armata. Cerca di diassuaderlo, di "salvarlo" durante quell'unico incontro al bar, ma con scarsi risultati. Sergio fa la sua scelta. Imbocca un'arma. Spara. Forse non è poi così convinto. Ma rischia di ammazzare gli ideali di Susanna e imbocca così la strasa del "non ritorno".
Un film troppo soft, sobrio, che va sul sicuro, che si limita alla mera cronistoria. Manca il vero grido, quello della denuncia del sistema, i fondi statali per la realizzazione del film lo hanno forse messo a tacere? Paura di schierarsi a favore del terrorismo? Il racconto degli “anni di piombo”, della militanza post-sessantottina, si conclude con l'avventato attacco al carcere di Rovigo del 1983 e il definitivo arresto di Sergio e Susanna pochi mesi dopo. Terroristi poco convinti, pentiti, consci dei loro sbagli, con “un prezzo troppo alto da pagare per la 'giustizia': la perdita dell'umanità”. Sergio e Susanna non sono due eroi, nulla di romantico nella loro storia, ma due persone schiacciate e soffocate dai propri stessi ideali ed estraniate dalla realtà: “Avevamo scambiato il tramonto per l'alba”.
Carino l'utilizzo dei filmati d'epoca: la bomba di piazza Fontana e la manifestazione di piazza della Loggia. Apprezzabile anche la ricostruzione d'ambiente: tutte quelle auto anni '70-80 erano stupende. Ma un percorso umano, non può prescindere da quello sociale e politico, non basta la ricostruzione d'ambiente per far rivivere un'epoca. Soprattutto così intensa. Ci saranno state delle motivazioni forti che hanno portato alla nascita di "Prima Linea". Assenti nel film. Giovani intellettuali che hanno la colpa di essere dei terroristi sì, ma non quella di essere dei pazzi. Oggi, infatti, due individui completamente diversi. Con una nota di delusione - un vero rivoluzionario non dovrebbe pentirsene mai- nei titoli di coda si legge che sia il fondatore di Prima Linea che la sua compagna oggi si dedicano al volontariato. Sarà mai possibile produrre in Italia un vero film sul terrorismo?
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