venerdì 19 febbraio 2010

Dieci Inverni. Valerio Mieli. 2009

Venezia. Dicembre 1999 (primo inverno). Protagonisti due studenti: Camilla e Silvestro. Si vedono per la prima volta su un vaporetto. Camilla è angelica, timida, delicata. Lui più sfrontato e sicuro di sè, fa lo scemo per farsi notare da lei (le ruba libro e occhiali e la imita. Silvestro: Scusa, volevo solo farmi notare da te.Camilla: Ti avevo già notato, c'eri solo tu! ). La segue con il suo alberello di cachi e trascorre una casta notte nel suo letto. Sguardi, respiri e frasi spezzate per dieci anni e dieci inverni fino ad arrivare alla tanto attesa primavera.
Per vivere un vero amore non è detto che occorra cedere all'attrazione del primo incontro. L'amore non è sempre e solo istinto, colpo di fulmine, ci si può legare a qualcuno col tempo, trascorrendo dieci inverni, non nell'immediato. Scoprirsi innamorati quando l'amore non lo cerchiamo. Una favola moderna, anti-moccia, senza grosse magie e sogni. Concreta ma profonda, vissuta solo nei freddi inverni. (N.B. anche il film è arrivato nelle sale a dicembre)
In due occasioni la scena si sposta a Mosca: Angelica per studiare ha bisogno di una città fredda e in cui non conosca anima viva. E qui, al matrimonio dell'amica russa la straordinaria partecipazione di Vinicio Capossela con Parla Piano. Questa nenia di Capossela mi ha dato modo di pensare. Che si matura, si cresce proprio durante l'inverno (come i cachi di Silvestro). Quando i muscoli s'irrigidiscono, la pelle trema, i denti battono. E i ritmi sono lenti. Lenti come le lumache di Camilla (che poi in vero durante il film fanno una brutta fine).

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