venerdì 12 marzo 2010

Nord. Rune Denstad Langlo. 2009

Neve. Freddo. Bianco. Poche case sparse qua e là. Bianche solitudini. Da riempire. Ma troppo bianco. Decisamente. Un divertente viaggio verso Nord da parte del protagonista, verso il figlio.
Una senso di solitudine portato agli estremi: di forte impatto emotivo la fine del vecchio eremita. Ironia e maliconia seguono lo stesso passo. Anzi a volte l'ironia ha un passo un tantino più lungo: accellera nel passaggio in cui un ragazzo illustra la tecnica per ubriacarsi in fretta grazie ad un tampax in testa (!). Aneddoti per stemperare l'estremo dramma di fondo e accompagnare il panzone biondo Jomar, depresso, ansioso, in preda a crisi di panico, che vive nel ricordo del suo passato, a tratti cieco, verso la sua meta. Era un campione di sci ed aveva in mano la chiave di un futuro di sicuro successo. Tra uno Xanax e l'altro, finisce con lo staccare pass per i clienti della stazione sciistica in cui lavora. Poi un giorno la psicologa lo dimette dalla clinica dove è in cura e tramite un amico lo sciatore scopre di avere un figlio di quattro anni, che vive con la sua ex fidanzata nei pressi del circolo polare artico.
Un bel documentario sulla vita a Nord, con tanto di ragazzina (e nonna) annoiata che fuma di nascosto, un giovane meccanico omofobo ossessionato dagli omosessuali che si stordisce coi tampax, ed un novantenne che vive romanticamente in una capanna sopra un lago ghiacciato legato con una catena ad una vecchia motoslitta. Apparentemente un viaggio fisico, ma in realtà un viaggio dell’anima, in epoche passate scandite dagli incontri: la giovinezza, l'età adulta e la vecchiaia. Una sorta di pellegrinaggio per redimersi, con un inizio goffo e criptico, ma che poi convince proprio perchè buffo e demenziale.
La Norvegia deve essere proprio un posto mitico. Forse giusto un tantino fredda. La vita è sempre difficile...ma non per sempre.

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