“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
martedì 18 luglio 2017
A Serbian Film di Srdjan Spasojevic.2010
Se siete in relax in cerca di un film leggero, non guardatelo. Sarebbe più onesto dire "Non guardatelo" e stop.
Mostruoso, aberrante, anche per una come me, che insomma non sono nè pudica, nè moralista.Sì, il film si spinge a livelli di abominio probabilmente mai toccati dalla cinematografia legale, non grafica, ma concettuale, ovviamente. Alcune scene mi hanno dato la nausea.Ma il modo in cui queste schifezze vengono rappresentate nel film non è mai troppo pornografico. Insomma, succede di tutto, ma non si mostra tutto.
La storia è quella di Milos, un pornoattore serbo ormai in pensione, che viene convinto a girare un ultimo video in cambio di una barca di soldi. Unica condizione: Milos non saprà cosa accade nel film finché non ci si trova in mezzo.
E per Milos (occhio, che arriva la battuta) sono cazzi.
Sono abbastanza navigata coi riferimenti sottintesi che ho capito subito che la protagonista è che anche la Serbia, la cattiva Serbia, quella della guerra nei Balcani. Quindi: violenza che permea la società, stupri che dio li manda, madri drogate, troie dappertutto, conflitti interiori tra il senso di colpa e l’abitudine alla violenza, generazioni nuove (e nuovissime) cui viene incul(c)ata la violenza sin da subito. Violenza della Serbia sugli altri, violenza del governo Serbo sul suo stesso popolo reso incapace d’intendere e volere. Né serbi né padroni. Violenza, insomma. Tanta. Ma poi non spegni e lo guardi,perchè è interessante, furbo quanto coraggioso, girato niente affatto male, intelligente q.b., dotato di mano pesantissima nell’affrontare le sue aberrazioni sia gratuite che allegoriche. cameramen muti che seguono Milos e lui che assiste a messinscene simil-lynchiane che terminano sempre in gran pompini a disagio. Qui condividiamo lo spaesamento di Milos e tremiamo nell’attesa di ciò che sarà.
E’ impossibile far rivivere a dei non serbi cosa può voler dire crescere in un paese annientato, assassino e assassinato, quindi penso che il regista volutamente cerchi di esagerare per avvicinare da un punto di vista dei sensi e dell’impatto emotivo.
E comunque capirete che un cazzo può anche uccidere. E non in senso metaforico. Quello lo sappiamo tutti. Io però a sto gioco non gioco.
Ve lo lascio. Alcune scene non le ho rette e se siete genitori- io non lo sono-vi faranno davvero male.
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