“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
martedì 29 agosto 2017
La sedia della felicità di Carlo Mazzacurati. 2014
L'intellettuale e colto Carlo Mazzacurati ci manca molto.
E dopo un mese di vacanze estive, torno ad aggiornare il blog con il suo ultimo film.
c'è un tesoro, accuratamente nascosto nell'imbottitura di un'orrenda sedia zebrata dalla galeotta madre di un celebre bandito , la morente Katia Ricciarelli. La vecchia signora, infatti, non gode di buona salute e infatti spira in carcere, con le unghie smaltate a mezzo e tra le braccia di un'estetista, non senza averle rivelato in punto di morte l'insolita ubicazione del malloppo. Inutile dire quanto il bottino farebbe comodo alla donzella, vessata com'è dalle pressanti richieste di un buzzurro creditore, interpretato dal mitico Natalino Balasso, a capo di una squadra di pignoramento rumena e sempre sul piede di guerra - "Bucarest 1, irruzione!"
Peccato che un'asta giudiziaria abbia disperso per il Veneto i beni della defunta, costringendo l'intraprendente estetista, soccorsa dallo spelacchiato tatuatore del negozio di fronte, cui l'umanesimo sincero e sottilmente comico di Valerio Mastandrea dona straordinaria autenticità, a una vera e propria caccia al tesoro on the road, complicata dall'irrompere in scena di un insolito pretaccio interpretato da Giuseppe Battiston, dai nobili ideali (forse), ma dalle ambizioni più che terrene.la felicità forse non si nasconde in uno scrigno colmo di gioielli: più probabilmente sta negli affetti, nella solidarietà, nell’amicizia, nell’amore. Possiamo passare dai capodogli dell'Oceano agli orsi delle Dolomiti e trovarla improvvisamente nel silenzio più vicino al cielo,avere fiducia nella vita proprio mentre la sua se ne sta andando. Radici russe per una fiaba veneta che mette a valore la sua ironia, la sua voglia di allegria, il suo colto umorismo. Restituendoci l’aria più pulita del nordest ci suggerisce che se esiste un Paradiso degli Orsi è lì che, se vorremo, potremo andare a trovarlo.
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