domenica 7 ottobre 2018

Anomalisa di Charlie Kaufman, Duke Johnson. 2015

"Synecdoche, New York" mi aveva del tutto spiazzata, confusa, stremata. Perchè, diciamolo, Kaufman esplora la mente umana come nessuno. Le nostre paranoie, quelle che ci spaventano. Anomalasia è un tributo proprio alle nostre paure, è un'empatica sensazione di malessere. Siamo tutti pupazzi, fatti di ricordi, rimorsi, istinti. E l'amore è solo una voce che suona diversa da tutte le altre, che dura anche solo per un giorno. In stop-motion Michael arriva a Cincinnati, è un guru del “customer service”, ha scritto un libro e una conferenza lo attende. Ma uno straniamento lo sta facendo letteralmente a pezzi: beve troppo, contatta goffamente una sua vecchia fiamma che vive lì, parla malvolentieri al telefono con moglie e figlio, stenta a riconoscersi nel riflesso dello specchio. Per lui (e per noi che le ascoltiamo) tutte le voci sono identiche: salvo quella di Lisa,una giovane non bella, ma diversa da tutti. Lisa è l’anomalia, la luce che si accende in fondo al tunnel, per liberarlo dalla sua prigione esistenziale. Viene descritta la sindrome di Fregoli (e "Fregoli" è proprio il nome dell'alienante hotel dove Michael alloggia), malattia psichiatrica di chi non riconosce le persone anche a lui più vicine, come se fossero mascherate - e non è un caso che i pupazzi animati abbiano il volto segnato da solchi simili a quelli di una maschera. Anomalisa è un film sul rumore, -metaforico- che disturba il canale delle comunicazioni di noi con noi stessi e di noi con il mondo. Quel rumore siamo noi.
Noi così social, che abbiamo smesso di essere individui. Molto bello, strano e destabilizzante, come la scena di sesso tra i due pupazzetti antropomorfici protagonisti. Di una tenerezza tagliente. Studiare tutto nel dettaglio per mettere ogni cosa fuori posto. Solo Kaufman può

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