giovedì 20 dicembre 2018

Bohemian Rhapsody di Bryan Singer. 2018

Chi ama Freddie Mercury è sicuramente un pignolo all’ennesima potenza. Non avrà amato Bohemian Rhapsody, che suscita emozioni si, ma solo perchè è la voce di Freddie a farci venire i brividi. Non posso cassare questo importante tributo e non lo farò, -anche se da amante del cinema dovrei- quindi m soffermerò solo sulla storia di questi quattro musicisti che hanno scardinato in maniera elegante e teatrale il concetto di rock. Si, ci siamo commossi tutti con questa pellicola non neghiamolo, occhi lucidi in sala a non finire, perchè abbiamo sentito nostalgia, i Queen ci mancano da morire, senza girarci troppo intorno. E quindi abbiamo perdonato i baffi a Freddie nel ’77, quando lui li portava, in realtà, negli anni Ottanta; come la scoperta di quella maledetta malattia che se lo è portato via, collocata poco prima del Live Aid, quando in realtà si presume sia avvenuta dopo. Un discografico di strette vedute dice al giovane Freddie Mercury che un singolo radiofonico di sei minuti (Bohemian Rhapsody) è sconsigliabile perché dura una vita: “mi dispiace per tua moglie se pensi che sei minuti siano una vita” risponde il non ancora famoso Freddie. In questa scena è contenuto tutto il valore celebrativo con cui il film omaggia il nostro amato : la sua prontezza da performer e lo sconfinato talento tendente alla megalomania. Bohemian Rhapsody fa decisamente il suo dovere, che non è quello di essere onnicomprensivo e nemmeno obiettivo. Ci fa respirare Freddie per qualche minuto. E noi non chiedevamo niente di meglio.
Per il resto è solo tutto un gran pugno nello stomaco. (di ricordi, immagini e sensazioni) Ma voi siete riusciti a non cantare a squarciagola in sala con le mani alzate? Mettete Rami Malek in cima alla lista dei favoriti per l’Oscar, per favore.

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