domenica 6 gennaio 2019

Cold war di Paweł Pawlikowski. 2018

Andiamo dall’altra parte, la vista è migliore da lì”. Con la dedica finale di Pawlikowski, “ai miei genitori” capiamo che i due protagonisti non condividono solo il nome di battesimo (Wiktor, pianista e arrangiatore colto e malinconico e Zula, la sua allieva) dei genitori del regista, ma che ad essere narrata è proprio loro storia, un tentativo di riportarli in vita per farli tornare a suonare, cantare e danzare quell’amore così travolgente e impossibile, tra una Berlino divisa in due, la Jugoslavia e la Parigi bohémien. In una Polonia devastata dalla guerra c’è chi pensa che la ricostruzione passi pure dall’Arte, cioè il“Mazowsze”, corpo di ballo e canti popolari nato per volontà del governo filosovietico, esportato in tutto il blocco orientale nell’arco degli anni ’50, su cui il governo mette gli occhi, trasformandolo in uno strumento di propaganda comunista. Il musicista e direttore della compagnia s'innamora della misteriosa allieva Zula. Arrivati a Berlino Est per un’esibizione, Wiktor organizza la fuga dall’altra parte del blocco per vivere finalmente in libertà quella storia d’amore. Ma Zula, contro ogni previsione, non si presenta all’appuntamento concordato. Non ha rimostranze contro il comunismo e anzi teme la libertà del blocco occidentale, che percepisce come un ostacolo che evidenzia la distanza culturale con il suo amato. La vita da esuli, pur ricca di successi artistici e musicali, li consuma, li priva della loro identità e li rende deboli. Lei annega nell'alcol, lui in una debolezza cronica e priva di carattere. Zula, infatti, dirà ad un certo punto al suo uomo: «non sei più lo stesso che eri in Polonia».
C'è per tutto il film un apparente freddezza emotiva, la passione di Zula e Viktor racchiude, infatti, e diventa l'emblema dello spirito polacco, quello di un popolo oppresso da nazisti e comunisti. Ma l’amore è una ragazza che ti volta le spalle e se ne va per sempre: poi esita, si ferma, torna indietro correndo e ti bacia. Grazie per quel brivido. E per tutta la sensualità del montaggio, per l'importanza data alla musica, dove ciò che viene cantato è importante più di ciò che viene detto. Magnetica Joanna Kulig

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