mercoledì 25 dicembre 2019

Pinocchio di Matteo Garrone. 2019

Una lezione filologica su Pinocchio e su Collodi, sul realismo crudo di un autore che aveva scelto di dipingere il fuoco nella casa di Geppetto perchè era così povero da non avere nemmeno legna da ardere, che aveva reso così bene la fame di Pinocchio da fargli mangiare anche le bucce delle pere che il padre aveva conservato per sè. Di questo romanzo abbiamo amato il viaggio di crescita impervio, che ha suggerito ai piccoli quanto fosse pericoloso non ascoltare e seguire gli insegnamenti dei grandi. La pedagogia di fine Ottocento del ribelle burattino senza fili, che è così buono da meritare di diventare un bambino vero. Questi particolari non si ritrovano nel film di Garrone, ma la povertà è presenza persistente, nella sua asciuttezza di poche parole e pochi vezzi estetici. È nei panni malconci e ingialliti di un Geppetto trasandato e spettinato, interpretato da Roberto Benigni, nei mezzucci e nello "spizzicare" del Gatto e la Volpe. In un padre che genera non con il sangue - come San Giuseppe con il Cristo (il riferimento ci sta, oggi è pur sempre Natale) sta la mostruosa prova attoriale di Roberto Benigni, padre per eccellenza, sofferente e buffo, con un forte richiamo ai classici maestri della povertà cinematografica: Charlie Chaplin e Buster Keaton.
Pare che lo stesso Collodi avesse, appunto, scritto Le avventure di Pinocchio per sbarcare il lunario, senza rendersi quindi conto che, invece, avrebbe per sempre cambiato la nostra cultura con l'incredibile potere iconografico delle sue scelte: l’immagine del naso che si allunga con le bugie, quella dell’asino come sinonimo di bambino svogliato, e quella del Paese dei Balocchi come luogo illusoriamente meraviglioso, l’etichetta de “il Gatto e la Volpe” per definire chi traffica affari loschi, e quella di “Grillo Parlante” per chi dispensa saggi consigli non richiesti. Collodi in realtà non crea, attinge molto dalla letteratura francese e inglese, da Fedro ed Esopo, le sue avventure sono imprecise, le cose accadono senza il minimo nesso logico, nella fiaba non c’è mai stata l’ombra di una coerenza interna. Non è richiesta, noi lettori non la vogliamo. Non si poteva chiederla a Garrone, l'opera è imperfetta in partenza, ma è diventata comunque un capolavoro mondiale. Sono dalla parte del regista, un testo sacro non va stravolto, cambiato, ho apprezzato e compreso la sua fedeltà, trovandovi tuttavia anche un tocco più visionario rispetto all' originale. No, non sono dalla parte dei detrattori, di chi bolla un'opera come la meno riuscita di un regista perchè sa tanto di "critico esperto" Noi alla fine abbiamo tutti applaudito e nell'abbraccio di Pinocchio diventato bambino e Geppetto sentito la magia del Natale.

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