lunedì 4 gennaio 2010

Brothers. Un Vietnam chiamato Afghanistan

Sam è un capitano dei marines, orgoglio di suo padre, che ha combattuto nel Vietnam. L'amore della sua vita è la moglie Grace, (la bellissima Natalie Portman). Lei cheerleader, lui giocatore di football. In famiglia c'è anche il fratello di Sam, Tommy, che vive alla sua ombra perchè nella vita ha costruito molto poco, spesso è stato in prigione.
Sam viene fatto prigioniero dei talebani. Tommy, la pecora nera della famiglia, avrà una sua crescita psicologica e si prenderà cura della famiglia del fratello. Insomma metterà la testa a posto, (metterà a nuovo la bruttissima cucina di Grace)nipoti e cognata alla fine lo apprezzeranno piu'di Sam. (Inizialmente Sam è creduto morto, il suo elicottero precipita, di lui si perdono le tracce).
La parte meno noiosa del film comincia proprio col ritorno di Sam. La prigionia lo ha cambiato, gli orrori che ha dovuto compiere e subire lo hanno reso un altro uomo: "Lo so che ho detto che solo i morti hanno visto la fine della guerra. Io ho visto la fine della guerra. Ma la domanda è: potrò tornare alla vita?"
Un film drammatico e su piu'di un fronte: il dramma personale, familiare e di guerra. Di fondo una velata critica alla società americana, che si nutre degli ideali yanke e dello scontro di civiltà. Un dramma paterno che non insegna nulla al figlio ("anche io quando sono tornato dal Vietnam non parlavo piu'con tua madre"). Ottime le interpretazioni degli attori, che rendono al meglio il punto cardine di tutto il film: il rapporto e il confronto fra i vari membri della famiglia. Ma la sceneggiatura e le inquadrature non sono all'altezza del resto, troppo rigide, contenute.
Questo il mio film natalizio. Cruento, triste. Ma intenso, da gustare e capire, ri-costruire per certi versi. Buona visione. Voto: 7.5

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