venerdì 23 settembre 2016

Amour di M. Haneke, 2012

"[...] per Frances Haslam, che chiese perdono ai suoi figli perché moriva così lentamente, per i minuti che precedono il sonno, per il sonno e la morte, quei due tesori occulti, per gli intimi doni che non elenco, per la musica, misteriosa forma del tempo." (J. L. Borges, "Altro poema dei doni")
Anne e Georges, ex insegnanti di musica, vivono la loro vecchiaia insieme a un pianoforte. Un ictus colpisce Anne. Lui la accompagna alla fine. Una storia di sofferenza, ma ciò che davvero mi ha colpita è la figlia dei due coniugi (in cui ovviamente per motivi personali mi sono rivista), che condivide coi genitori l’inflessibilità nel concedersi una reale apertura al dolore e all’espressività emotiva, in un quadro globale che richiama l’idea di un’austera e colta borghesia parigina. Sarò impopolare, ma per me Haneke bara, perché in ogni immagine vedo altro rispetto a quello che lui vorrebbe che io ci vedessi. Lui dice amore e io vedo odio, dice affetto e vedo rabbia, dice vicinanza e vedo infinita distanza. Ogni tanto mi chiedo se non è questo che vuole dire davvero: che ci odiamo, sempre. Titolo sbagliato: Haine.

3 commenti:

  1. Condivido. Vorrebbe essere un film emozionante e doloroso, invece è solo disturbante. La commozione lascia subito spazio al disagio, alla pesantezza. Haneke è un "genio del male", ha fatto film lucidissimi e spiazzanti sulla scarsa propensione dell'uomo all'autoconservazione, ma quando si tratta di far versare lacrime, evidentemente, proprio non ce la fa...

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  2. Bravissimo!!!
    Grazie per le post!!!
    baccio molto grande! :)

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