mercoledì 5 ottobre 2016

Mustang di Deniz Gamze Ergüven. 2015

Se vogliamo capire qualcosa in più delle tensioni che sta vivendo la Turchia di oggi, non possiamo che rivolgerci al cinema e alle sue storie nel momento in cui Erdogan mette il bavaglio alla stampa locale e l’Occidente sembra incapace di guardare oltre il suo naso.
I Mustang sono dei cavalli selvaggi, simbolo qui delle cinque protagoniste del film. Indomabili e focose, scorrazzano con i loro capelli lunghissimi, simili a delle criniere.Sullo sfondo il bellissimo mar Nero, con le sue schiumose increspature, accompagnato a una natura rigogliosa e benevola a far da teatro e mise en scéne di un’innocente evasione estiva, presto scoperta dai famigliari delle cinque donne in erba. Una mattina, conclusa la scuola, le "sfacciate" sorelle si abbandonano alla luce dell’estate appena esplosa con giocosa innocenza. Spinte da un irrefrenabile desiderio di evasione, che assumerà i connotati di una condanna, si tuffano in mare insieme ad altri coetanei maschi compagni di scuola. Tra risate e giochi in mezzo alle onde si insinua lo scandalo. A Inébolu, villaggio contadino a 600km da Istanbul in cui lo scenario filmico si dispiega, nell'abitazione delle cinque saranno apposte sbarre d’acciaio a porte e finestre, simbolo di detenzione e divieto assoluto di ogni intenzionale apertura verso un’altrove spudorato e corrotto. Poi il soffocante odore stantio di un rigido schema comportamentale che relegherebbe le donne, secondo l’anacronistica tradizione turca, ad una condizione di perfette “massaie” pronte ad esser consegnate, vergini, ai più baldanzosi pretendenti di sesso opposto. Lo scopo? incarnare e realizzare l’ottuso condizionamento sociale, unica virtù.«È difficile educare delle ragazze al giorno d’oggi», dirà ad un certo punto la nonna, educatrice in buona fede ormai del tutto assuefatta dalla tradizione (per lei è naturale non conoscere l’uomo che si deve sposare, «tanto poi si impara a volergli bene con il tempo».

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