“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
domenica 21 maggio 2017
Sils Maria di Olivier Assayas. 2014
«Per dieci anni sei venuto quassù alla mia caverna: saresti saturo della tua luce e di questo cammino senza di me, della mia aquila e del mio serpente. Noi però ti abbiamo atteso ogni mattino».
Friedrich Nietzsche in Cosi parlò Zarathustra (1883).
Film elegante ma privo di grandi intuizioni, sostenuto soprattutto dall’ottima prova di una Juliette Binoche magnetica, come le suggestive vallate alpine della Svizzera tedesca in cui è ambientato. Questo lungometraggio è quasi interamente caratterizzato dall'annullamento del ritmo e dai dialoghi statici delle due protagoniste, Maria appunto, e Valentine, la sua giovane assistente che ha il volto e le fattezze di Kristen Stewart Brasil. Mediante un fin troppo spudorato gioco di specchi, attraverso cui il rapporto dialettico fra le due donne rivela un alto rischio di sovrapposizione sulla storia di finzione che la pièce teatrale in oggetto racconta. Da una parte il bilancio di "metà vita" affrontato da Maria e dall'altro una più leggera "meditazione" sull'essenza stessa dell'universo artistico, si tratti di teatro o di cinema. Questa confusione tra arte e vita si percepisce maggiormente nelle scene in cui le due donne provano l’opera teatrale Moloya Snake del drammaturgo Wilhelm Melchior.La disistima porta un atteggiamento ambivalente: da una parte la necessità di essere ancora adulata e considerata soggetto speciale, dall’altra la certezza che il tempo trascorso ha cambiato osservato e osservatore, oltre che lo sfondo e i rumori fuori scena. Questa non accettazione di sé è alla base della deriva esistenziale di Maria che, tutta concentrata sulla propria affermazione professionale, non si accorge dell’importanza del sentimento nascente per l’assistente Valentina, frustrata e castrata dall’indole tirannica di una diva che porta sempre una maschera come protezione.Vent’anni prima, la giovane Maria era stata la spregiudicata e bramosa Sigrid. Vent’anni dopo, Maria vorrebbe restare Sigrid, ma può essere soltanto Helena, la sua nemesi o la sua parte complementare. Il ruolo della carnefice spetta invece a Jo-Ann Ellis (Chloë Grace Moretz), starlette di Hollywood.
In una sequenza soltanto Maria accenna una (patetica) ribellione. Nel prefinale di Sils Maria, Maria e Jo-Ann stanno provando una scena chiave dell’opera teatrale. È il momento in cui Helena viene umiliata da Sigrid, in cui viene sancito il dominio della mefistofelica ragazza. Lo spettatore non vede le prove della scena, che vengono lasciate intelligentemente fuori campo da Assayas, ma la discussione che segue tra Maria e Jo-Ann:
“Hai presente quella scena all’inizio del terzo atto dove mi dici di volertene andare e io mi metto in ginocchio e ti supplico di rimanere? Te ne vai via senza nemmeno guardarmi, come se nemmeno esistessi. Non potresti fermarti un secondo di più?”
È in questo momento che «tutto il gioco di rimandi collassa». Maria chiede «un secondo di più, o un semplice sguardo. Che non renderà lo scorrere del tempo e dell’invecchiamento meno crudele o inesorabile, ma che quanto meno lo marcherà simbolicamente.»
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