“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
venerdì 21 settembre 2018
Dogman di Matteo Garrone. 2018
Il film si apre con le fauci ringhianti di un minaccioso pitbull. Di fronte a lui, un omino che prova ad ammansirlo, “amore, amore”, “bravo, bravo”, per lavarlo e asciugarlo. Intorno, nel quartiere, ComproOro, sale di slot machine, palazzi d’asfalto non rifinito e un perenne clima uggioso . Si stanzia qui il salone per cani Dogman in cui Marcello, tra infissi in alluminio e attrezzi di lavoro un po'alla buona lava, pulisce e sistema cani con un amore infinito.
La storia è quella di Pietro De Negri, detto er Canaro, proprietario di un negozio di toelettatura per cani alla Magliana: trent'anni fa esatti, stufo di essere vessato e umiliato da Giancarlo Ricci, lo rinchiuse in una gabbia per cani sul retro del suo negozio e lo uccise senza pietà, amplificando poi il racconto con gli inquirenti.
Le indagini tuttavia appurarono che una gran parte di quanto riportato era stato frutto di fantasia e che soprattutto le mutilazioni furono inflitte sul corpo morto.
Matteo Garrone ripesca questo delitto, lo studia, suggestionanto anche lui sicuramente dalle personalità forti che ne furono protagoniste, decidendo di soffermarsi principalmente su quanto illusoriamente er Canaro aspirò col suo gesto ad una redenzione personale.
Gli spazi che occupano i due protagonisti sono tali da mettere in evidenza la loro differente conformazione fisica: da pugile e massiccia quella di Simone (Ricci), rachitica e innocua quella di Marcello (er Canaro): in nessun momento si è portati a pensare che Marcello possa essere una minaccia per Simone. Anche perché Marcello è sensibile, mite (non come il vero Canaro), un uomo tranquillo. Ama i cani Marcello, si prende cura di loro con amore. Saranno proprio loro i testimoni involontari della bestialità umana, in silenzio assistono alle torture e diventano così l'emblema dell’insopprimibilità dell’istinto.
Ciò che emerge è che Marcello non ama abbastanza se stesso ,non dice mai di "no" a Simone e il corpo esamine che nelle scene finali lui brandisce come un trofeo sulle spalle, lo schiaccerà fino ad opprimerlo.
Il suo è uno straziante bisogno di essere amato, di riappropiarsi di quel microcosmo che lo faceva sentire vivo.
E difficilmente riuscirete a dimenticare gli occhi del Canaro, una maschera che sembra rubata da un film di Pasolini. Straziante.
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