“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
venerdì 15 novembre 2019
La belle époque di Nicolas Bedos. 2019
Il cinema è meglio della vita vera. Ne siamo tutti ossessionati per questo.
Perchè ogni buon sceneggiatore o regista, ( Nicolas Bedos in questo caso specifico) è maniaco del controllo assoluto, nevrotico, insicuro, un tiranno sul set e in amore, ma dal cuore d’oro, come tutti i finti tiranni che in passato hanno conosciuto da vicino la sofferenza e scelgono di utilizzarla per fare arte e allo stesso tempo terapia.
Victor è un uomo all’antica che odia la tecnologia, il digitale, il presente, l’innovazione.
Sua moglie, Marianne (la bellissima Fanny Ardant), non potrebbe essere ovviamente più diversa. Questo e la monotonia di un rapporto lungo quarant'anni li allontana.
Victor sceglie allora di rivivere un giorno del passato: il giorno in cui ha conosciuto la donna della sua vita Marianne. Una troupe cinematografica mette in scena quel 16 maggio 1974 e La Belle epoque, quel cafè di Lione. Memorabile la scena in cui Victor “incontra” per la prima volta Marianne, dando indicazioni per ricreare alla perfezione il suo giorno più bello.
L'amore che attraversa il tempo è il fiore all'occhiello di questo regista, che credo abbia una paura quasi patologica nei confronti dell’erosione dei sentimenti e la distruzione dei ricordi. Il film insiste in maniera maniacale su questo aspetto.
Sua musa e compagna anche nella vita (la Marianne giovane) è la talentuosissima e figa da paura Doria Tillier, un carisma femminile e vitale intorno al quale si muovono tutti gli umori della storia.
Un romanticismo vintage e di grande classe.
La commedia francese! Ahh! Che gran sospiro di emozioni. Non ce n'è proprio per nessuno.
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