martedì 14 gennaio 2020

Hammamet di Gianni Amelio. 2020

Ad Hammamet per scappare dalla giustizia italiana, da Mani Pulite e da se stesso, dal suo corpo malato, stanco, senza più fulgore. Perchè una volta c'erano i garofani rossi da lanciare da un palco, le vacche grasse, una politica italiana che vantava un Pil superiore a quello inglese. Ma ora non più. Il fascino della storia che ci racconta Gianni Amelio non risiede però tanto nella ricostruzione degli ultimi giorni di vita di Craxi, quelli tristi, duri, cupi, ma nel percorso ibrido, poco chiaro, a metà strada tra il surrealista, il metaforico e il biopic che sceglie di percorrere. Che si rivela disastroso, ma che ha il fascino di tutto ciò che è imperfetto. Una barca lenta, troppo, che si lascia trasportare dalle onde, con un capitano che ammalia con il suo carisma e l'inquietudine sprezzante, può bastare?
Claudia Gerini non è un’amante ma L’Amante, la pupa del boss, fedele e innamorata, che dormirebbe ancora con un Craxi senza fascino, piegato dal diabete, da un tumore, dalla sconfitta. "Solo una donna ti fa sentire un drago" - dice ad un certo punto il socialista, pensandola. Stupenda nell'incarnare quella corte di nani e ballerine che circondava il segretario all’apice del suo potere. Ma che a lui ancora si prostrerebbe, nonostante non conti più nulla. Un’intera classe politica aveva confuso finanziamento pubblico con interesse privato, ma Amelio finge che quell’uomo chiuso nella sua villa ad Hammamet non sia Craxi, la figlia, infatti, si chiama Anita e non Stefania, Bobo non viene mai menzionato, i militari, i medici lo chiamano Presidente. Perchè questa finzione, nonostante Favino sia il suo clone? Perchè non si dice mai chiaramente la parola "tangenti"? Tutti facevano così, "ho aiutato il partito, ho dato i soldi a chi era in fuga da dittature", taglia spesso corto Craxi senza mai addentrarsi, senza che gli amici democristiani che lo vanno a trovare dettaglino o facciano dei resoconti chiari. Si sente la mancanza di un sano contraddittorio. Un po' di rispetto ossequioso nei confronti della storia politica vera? Un'occasione mancata per fare una giusta denuncia e rendere davvero omaggio a questo periodo storico in cui ancora esistevano i discorsi altisonanti di chi avvertiva la responsabilità di essere, per cultura e per competenza il portavoce di ideali condivisi. A salvare il film da molti momenti di puro nonsense (ad esempio il personaggio di Fausto figlio del segretario amministrativo suicidatosi per la vergogna di aver fatto parte di quel sistema) il divino Favino, con la sua mimica, tic, passi, espressioni, da cui si è completamente rapiti, vi chiederete spesso in una sorta di estasi mistica contemplativa dove finisca lui e dove inizi Craxi. (0 viceversa)

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